NEL REGNO DELLE OMBRE
Quando guardiamo un film, siamo nel regno delle ombre, tutto ciò che vediamo è “ombre”: rappresentazioni fotografiche inconsistenti e fugaci della vita proiettate come effetti di luce su una superficie rettangolare piatta dello schermo. Le ombre sono semplicemente l’essenza del cinema. La luce della lampada del proiettore attraversa la pellicola e proietta le immagini sullo schermo, la quantità di luce che attraversa la pellicola è proporzionale all’opacità delle aree esposte sulla pellicola.
Da un punto di vista ottico quindi l’esperienza del cinema è davvero l’esperienza delle ombre. Le ombre dello schermo sono davvero le ombre che sperimentiamo nella nostra vita quotidiana. In una giornata di sole siamo sempre accompagnati dalla nostra ombra che si proietta sul muro, sull’asfalto, sull’erba. La nostra ombra è contemporaneamente qualcosa che ci appartiene ma che ci sfugge, la nostra ombra è noi ma anche qualcosa che non possiamo “possedere”. La nostra ombra imita i nostri movimenti i nostri gesti, ma non possiamo toccarla o saltarci sopra. A volte l’ombra può essere percepita come se avesse una sostanza ed una vita propria, indipendente dal suo proprietario. L’ombra è testimonianza della solidità di un oggetto, ma il suo essere così eterea non può che mostrarsi ai nostri occhi come un elemento di grande fascino e dalle enormi potenzialità espressive e creative. L’ombra di un uomo. Proiettata su un muro, può simboleggiare il suo alter ego oscuro un suo Doppelgänger.
When we watch a film, all we see is “shadows”: inconsistent and fleeting photographic representations of life projected as light effects on a flat rectangular surface of the screen. Shadows are simply the essence of cinema. The light from the projector lamp passes through the film and projects the images on the screen, the amount of light that passes through the film is proportional to the opacity of the areas exposed on the film. From an optical point of view, therefore, the experience of cinema is truly the experience of shadows. Screen shadows are really the shadows we experience in our daily lives. On a sunny day we are always accompanied by our shadow that is projected on the wall, on the asphalt, on the grass. Our shadow is simultaneously something that belongs to us but that escapes us, our shadow is us but also something that we cannot “possess”. Our shadow imitates our movements, our gestures, but we cannot touch it or jump on it. Sometimes the shadow can be perceived as if it had a substance and a life of its own, independent of its owner. The shadow is testimony to the solidity of an object, but its being so ethereal can only show itself to us as an element of great charm and with enormous expressive and creative potential. The shadow of a man. Projected on a wall, a Doppelgänger can symbolize his dark alter ego.
Ad esempio, un’ombra del sinistro dottor Caligari in una foto promozionale del famoso film di Robert Wiene, “The Cabinet of Dr. Caligari” del 1920 rivela in questo senso psicologico.
La doppia ombra di Norman in Psycho 1960 diretto da Alfred Hitchcock è sinonimo della sua follia e della sua doppiezza.
L’ombra ci rende osservatore silenziosi, ci permette di anticipare l’azione, il pericolo.
M – Il mostro di Düsseldorf è un film tedesco del 1931, diretto da Fritz Lang. All’inizio del thriller cinematografico di Fritz Lang, la piccola Elsie rimbalza innocentemente una palla contro un poster della polizia che reca un’iscrizione “Wer ist der Mörder?” (Chi è l’assassino?), Attraverso il quale si muove minacciosamente l’ombra di un uomo che indossa un cappello, il profilo della sua testa proiettava in modo accusatorio la parola “Mörder”.
L’efficacia delle immagini del film di Lang ci trascina NEL REGNO DELLE OMBRE e si basa sulle nostre paure inconsce provocate da segni indicizzati. Un indice implica un originale mancante e alla fine è l’originale che conta, perché può essere una persona le cui intenzioni verso di noi non siamo sicuri, o un animale fuori per attaccarci. Per ragioni evolutive, quindi, i nostri sensi vengono immediatamente allertati da ombre distaccate il cui mistero è proprio sull’identità e le intenzioni ancora sconosciute e potenzialmente pericolose dei loro portatori.
Nel film horror di Friedrich W. Murnau, “Nosferatu” (1922) il vampiro si avvicina alla camera della vittima sotto forma di un’ombra disincarnata di profilo: la sua sagoma curva, il naso storto e le dita artigliate catturano l’essenza distorta, ibrida, umano-animale del suo proprietario.
Warning Shadows (1923) di Arthur Robison , un film muto concepito interamente attorno alle ombre del cast. Qui rappresentano i desideri repressi dei personaggi – lussuria, gelosia e violenza sessuale – cui è consentito il gioco libero in un film allucinatorio all’interno di un film progettato per curare i personaggi dai loro impulsi potenzialmente autodistruttivi e in generale per portarli ai loro sensi.
Le ombre nei film sono usate per creare suspense, anticipare un’azione, rendere più affascinante un’immagine offrendo un punto di vista diverso.
E tu in che modo creativo utilizzi le OMBRE nei tuoi film?
LIBRO – The Semiotics of Light and Shadows: Modern Visual Arts and Weimar Cinema. – Piotr Sadowski
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